sabato 2 aprile 2016

U fassumauru o bruciuluni, il piatto burla dei siciliani

Arrivati nel palermitano, oltre alla nuova realtà ambientale, affrontammo anche una nuova terminologia lessicale: “Picchio pacchio”, riferito al pomodoro, è stata la prima parola che ci ha procurato stupore e disagio, quel termine, nel catanese, indicava il sesso femminile, mentre nel palermitano veniva associato al rumore pic..pac..pic..pac..che fa il pomodoro, durante il bollore, ci aveva spiegato mia padre. E tutti i giorni, imparavamo e arricchivamo il nostro vocabolario e dopo muffuto che non voleva dire ammuffito, ma spione, e mio fratello Gaetano ne sapeva qualcosa, i maccaruni e dittalini,  sinonimi rispettivamente di cannaruzzuni e curadduzzu, nel catanese , abbiamo scoperto che anche il rotolone di carne ripieno, il più conosciuto e rinomato secondo piatto isolano, mia madre lo preparava la domenica e nei giorni di festa, i palermitani lo chiamavano “ u bruciuluni” e noi lo conoscevamo come “fassumauro”, falsomagro. A tavola, l'argomento principale era la difficoltà con il dialetto palermitano e mia sorella Agnese si divertiva a mettere in difficoltà mio padre, chiedendo l'origine e la storia dei termini, quella volta toccò alla parola " bruciuluni”, nome che secondo lei era usato impropriamente,  dai palermitani, rispetto alle sue origini: Tante sono le parole locali che, ogni giorno, mi stupiscono e mi confondono, disse, ma il termine bruciuluni, proprio lo trovo strano, improprio rispetto al piatto di carne che conosciamo bene; avevo chiesto notizie alle signore del vicinato e anche alla zia Mariuccia, ma non mi hanno convinta, mentre le notizie storiche e culturali, datemi dal mio professore d’italiano, hanno rafforzato la mia convinzione, facendomi concludere che la denominazione più corretta fosse quella catanese “fassumauro” che è la storpiatura della frase francese “viand farcie de maigre”, carne farcita di magro, come mi ha spiegato il mio insegnante.  E poi risponde anche al carattere burlone dei siciliani che vogliono, con questo termine, traendo in inganno, divertirsi perché u fassumauru, continuò mia sorella, prepara ad una  sorpresa, all'esterno si presenta come un rotolo stretto e lungo di carne magra  ma, tagliato a fette, è invece una vera propria leccornia di delizie. 
Mio padre, dopo averla ascoltata attentamente,  facendole i complimenti per l’interessante analisi, spiegò: Il piatto è nato proprio a Palermo, anche se poi si è diffuso in tutta l’isola, grazie alle donne, che lavorando nelle cucine dei signori, proponevano le ricette alle loro famiglie, sostituendo, naturalmente, gli ingredienti costosi, che non potevano permettersi, con prodotti poveri; “ma vogliamo sapere perché lo hanno chiamato “bruciuluni”, rispose mio fratello Gaetano e mio padre: La spiegazione più comune è che la fetta di carne utilizzata, somiglia ad una braciola ma le persone anziane raccontano che il nome è dovuto alla cottura, che inizialmente, avveniva alla brace e che permetteva di colorire e rendere croccante, la carne, senza farla asciugare, ma spesso, purtroppo, “s’abbruciava”e da qui il termine  bruciuluni.
Quante chiacchierate e quante curiosità soddisfatte! Siamo stati fortunati a nascere e vivere in Sicilia che, come diceva mio fratello Gaetano, “è una terra poliedrica, ricca di contraddizioni, di sole, mare e buona terra, insomma una benedizione divina”.


U fassumauru alla catanese, in  bianco
Ingredienti
Fesa di vitello battuta; 1 cipolla; 200 g. di mortadella a fette sottili; 4 uova sode sgusciate;
impasto di carne tritata ( come si fa con le polpette, mescolare 250 g.  di carne tritata, con un uovo battuto, mollica di pane bagnata nel latte e 100g. di parmigiano); ½ bicchiere di vino bianco, olio extravergine d’oliva, 2 mestoli di brodo di carne o vegetale.
Contorno: In padella, con un filo d’ olio extravergine, si fanno rosolare, per qualche minuto, i piselli e la cipolla, salati e  pepati, quindi con l’aggiunta di mezzo bicchiere d’acqua far cuocere e asciugare. 

Preparazione
Spianare la fetta di fesa, ricoprirla di mortadella e stendervi l’impasto di carne macinata su cui vengono sistemate le 4 uova intere, nel senso della lunghezza. Dopo aver arrotolato la carne, formare un grosso involtino, "u fassumauru", i cui due estremi devono risultare ben chiusi, per evitare la fuoruscita delle uova, e legato ben stretto con lo spago da cucina; posto in una capiente casseruola con olio extravergine, fare rosolare il rotolo con della cipolla a fette sottili,  sfumarlo con il vino bianco e fare evaporare, quindi aggiungere due mestoli di brodo. Coprire la casseruola con il coperchio e far cuocere, a fiamma bassa, per circa un’ora, girando, ogni tanto, il grosso involtino per rendere la cottura uniforme. Spento il fuoco, dopo averlo fatto raffreddare e tagliato a fette spesse, presentarlo con contorno di piselli.







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