Ormai ero un’esperta!
Dell’orto sapevo tutto, avevo costretto, tante volte, il nonno a fermarsi e
spiegarmi le varietà degli ortaggi a insegnarmi come tagliare il peduncolo dei
peperoni e delle melanzane e di quest’ultima sapevo anche la qualità da scegliere,
a seconda della ricetta. "E si,se vuoi fare le cotolette di melanzane, diceva,
scegli quelle grandi, rotonde, lilla chiaro, che sono le più dolci, quelle che
noi chiamiamo tunisine, se invece vuoi friggerle a fette, da mettere sulla
pasta col pomodoro fresco, scegli le viola lunghe e dolci ma se vuoi preparare la caponata non puoi non
scegliere quelle con la pelle scurissima, lucida e con la polpa resistente, compatta che rimane integra anche dopo la doppia cottura e amarissima, l’amaro si
combina bene con l’agrodolce, e poi non assorbe l’olio di frittura".
Incredula gli chiesi se lo avesse saputo dalla nonna e lui, sorridendo, rispose: "Ma no, che uomo della terra sarei, se non conoscessi le caratteristiche delle piante e dei prodotti dell’orto; la caponata, per esempio, avendo alcuni ingredienti dolci come le patate, il sedano e la stessa cipolla, deve essere equilibrata, nei sapori, e la melanzana amarognola è quella giusta".
Incredula gli chiesi se lo avesse saputo dalla nonna e lui, sorridendo, rispose: "Ma no, che uomo della terra sarei, se non conoscessi le caratteristiche delle piante e dei prodotti dell’orto; la caponata, per esempio, avendo alcuni ingredienti dolci come le patate, il sedano e la stessa cipolla, deve essere equilibrata, nei sapori, e la melanzana amarognola è quella giusta".
La nostra caponata, infatti, è corposa, ha tanti ingredienti: Melanzane, peperoni gialli e rossi, patate, cipolla,
sedano capperi, olive e, qualche volta, anche l’aglio, tutto in agrodolce. E
noi ragazzi, soprattutto mia sorella Agnese a cui non piacevano i peperoni, non
la mangiavamo volentieri, abbiamo capito, molto tempo dopo, che i gusti e gli odori, nel sovrapporsi,
perdevano la loro caratteristica e che i tanti ingredienti, insieme molto
pesanti, avessero lo scopo di sfamare
più che farsi gustare.
A Palermo, scoprimmo un’altra
caponata!
Eravamo arrivati da qualche
giorno, nella nuova casa e l’invito, a cena, della zia Mariuccia arrivò
inaspettata ma provvidenziale e avremmo apprezzato, più tardi, la sua generosa,
disponibilità e soprattutto l’umanità; tanti i piatti, per noi una
sorpresa, e tutti molto buoni come lo sfincione di carciofi, con un gusto
eccellente, e anche la caponata che, ultima portata di antipasti, fu una
scoperta. Era una versione semplice e con pochi ingredienti: Melanzane fritte
ma tagliate a tocchi grandi, olive intere schiacciate e senza osso, e il
pensiero al mio nonnino si fece subito largo, nella mia mente, tocchetti di
sedano ben visibili, capperi e l’agrodolce. Mia madre fece i complimenti alla
zia per la splendida serata e l’ottima cena e
poi si soffermò sulla ricetta della caponata locale: Hai visto ,Mariuccia,
come i ragazzi hanno gustato volentieri la tua caponata, facendo addirittura il
bis, posso chiederti, gentilmente, qual è il segreto di questo piatto? La zia, avremmo scoperto,
col tempo quanto fosse affettuosa, amabile, disponibile e generosa, fu estremamente
sincera: La bontà di questo piatto? Si deve all'estro di chi la cucina e anche alla
giornata: Versioni diverse le trova nella stessa famiglia,
nello stesso paese e nella stessa
provincia. Deve prenderci la mano e ricordarti che nessuna caponata è mai
uguale alla precedente o alla successiva:L’importante è l’equilibrio tra lo zucchero e l’aceto, non
troppo dolciastro né troppo “acitusu”(acidulo), una formula che ogni massaia
custodisce gelosamente e che crea un equilibrio tra i contrasti. E della lezione mia madre ne fece tesoro e creò la sua
caponata che, ancora oggi, è la caponata di casa Lombardo, aveva avuto una buona
maestra che le insegnò tante altre ricette palermitane; la zia Mariuccia era
adorabile, anticonformista, in una terra dove il posto della donna era ben definito, e felice del bene altrui, per noi è stata una
seconda mamma, come a Paternò lo era stata zia Nunzia. La zia del cuore, così la chiamavamo, insegnava nel paesino
dove vivevamo e quindi spesso,
prima di andare a scuola, faceva la sosta a casa per prendere un caffè e fare due
chiacchiere che rileveranno la sintonia tra loro: Zia Mariuccia, donna libera, prorompente nella sua voglia di emergere nel lavoro e nella vita e mia madre femminista, combattiva, per conquistare il suo spazio di donna, si ritroveranno in una comunione di intenti e di affetti. Era proprio un personaggio, la zia del cuore, riusciva a rendere leggera e piacevole qualsiasi conversazione e soprattutto era l'amica più cara di tutti i nipoti, quanto ci manca!
La caponata conosce molte varianti ma la più antica prevede "gallette da marinaio, capperi salati, olive verdi, acciughe salate, fletti di tonno salato, olio d'oliva, aceto, miele e sale"; si diceva, infatti, fosse il piatto dei marinai che ammorbidivano le due gallette, che definivano capponi di galera, il nome era nato nella caupone, termine con il quale, la bassa latinità, designava la taverna.
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Caponata alla palermitana
Ingredienti
4 melanzane, 300 g. di pomodori, 2 cipolle tagliate a
rondelle, 1 cuore di sedano, 100 g. di olive verdi, schiacciate, 2 cucchiai di capperi dissalati, sale, pepe e olio extravergine d’oliva.
Salsa in agrodolce: miscela di 1/2 bicchiere di aceto bianco e 2
cucchiai di zucchero (assaggiando, correggere l’equilibrio dei due elementi,
secondo il proprio gusto).
Tagliare a tocchetti grandi le
melanzane, farle spurgare in acqua e sale per ½ h, lavarle più volte e strizzarle bene,quindi friggerle
in padella con olio extravergine d’oliva
e farli asciugare sulla carta da cucina.
Bollire il cuore del
sedano, tagliato a pezzetti.
Preparazione
In un tegame abbastanza
grande, far soffriggere la cipolla e cuocervi il pomodoro per circa
10 minuti circa quindi aggiungere, le melanzane fritte precedentemente, le
olive, i capperi e il sedano fritto ( io lo preferisco sbollentato, perché è meno pesante), lasciare insaporire per
qualche minuto e irrorare il tutto con la salsa in agrodolce. Spegnere il fuoco
e far raffreddare la caponata in modo che i componenti si possano amalgamare.
L’origine del termine “caponata”
Sembra che abbia avuto
origine dalla parola “capone”, il nome con cui viene chiamata la lampuga, in
alcune zone della Sicilia, pesce pregiato che una volta veniva servito alle
tavole dell’aristocrazia con la salsa agrodolce, tipica della caponata; altri
affermano che il nome ci sia stato tramandato dai soliti “monsù” che usavano la
salsa per conservare per poco tempo la cacciagione, fra cui il cappone,
ingrediente che definiva quelle preparazioni capponate.
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