giovedì 12 maggio 2016

Nonno Nino, il mio compagno di giochi, dei racconti e delle piccole cose

Nino, il nonnino materno

Proprietario terriero, amante della natura e uomo sensibile.
 Era una figura asciutta, mani grandi e callose, viso bruciato dal sole e pesante nei movimenti, forse per la stanchezza; tornava dalla campagna carico di ciò che la natura in quella stagione offriva. 
Con gioia, lo aiutavo a portare in casa la frutta e la verdura aspettando, dopo cena, il rito delle storie. Ricordava spesso e con tristezza, il suo "re ", Vittorio Emanuele, di cui era, orgogliosamente coscritto  e malediceva  Mussolini che, per far passare la ferrovia nel paese, gli aveva portata via una buona parte della proprietà "per quattro soldi", ripeteva sempre. 
Con emozione, parlava della sua terra, del rispetto e della cura per preservarla: ” Lu patri si nni va la roba resta” ( l’uomo muore, la terra no), così diceva.
Era un proprietario terriero ma soprattutto un uomo semplice, buono e con un temperamento genuino, vicino alla natura, senza sotterfugi e di grande generosità, un gran lavoratore che usciva all’alba, “ a li sett’orbi” diceva sempre la nonna, e  andava a letto “a la cuddata di lu suli come li addini” (al tramonto del  sole come le  galline).
Mi ha molto amato, ancora di più da quando mio padre si era trasferito nel palermitano, sostituendolo e rassicurando me e i miei fratelli, dandoci la certezza di essere protetti, nascondendo l’indignazione per un comportamento discutibile,  a cui non sapeva dare  alcuna spiegazione.
La domenica era abitudine fare colazione insieme a me: "Milia, così mi chiamava, trovando difficile la pronuncia del mio nome e io, correndo, salivo lo scalone della casa, noi abitavamo al piano terra, e mi sedevo accanto al mio nonnino che, come sempre, mi faceva trovare la sorpresa sotto il piattino e poi andavamo in chiesa, dove accendevamo i lumini per i nostri morti e finalmente in piazza, dove incontravamo i suoi amici e dopo aver comprato i dolci, si tornava a casa, dove come sempre la mamma gli faceva trovare il piatto preferito: “Il timballo di anelletti, melanzane e pistacchio”.

Se volete provare, ecco la ricetta del Timballo al pistacchio 


1 kg anelletti, passata di pomodoro,1 cipolla tagliata a fette sottili, basilico, ½ kg melanzane lunghe, 300 g. di ricotta salata, 2 uova sbattute, olio extravergine, 200 g di pistacchio di Bronte tritato, pangrattato

Preparazione
Salsa: rosolare, in una casseruola con dell’olio, la cipolla, versare la salsa, salare, lasciare cuocere fino alla cottura e aggiungere il basilico.
Melanzane: tagliare a fette, cospargere di sale, farli spurgare per circa quindici minuti, quindi sciacquarli e farli scolare; friggere in padella con olio d’oliva e asciugarle su carta assorbente.
Ricotta salata mescolata con il pistacchio tritato
Scolare gli anelletti, a mezza cottura, mescolarli prima con le uova sbattute e poi con  abbondante salsa

Procedimento
Spennellare con l’olio, l’interno della teglia e spolverarla con pangrattato; sulle melanzane poggiate sul fondo, versare la metà degli anelletti che avete già condito, con le uova sbattute e con abbondante sugo, e distribuite bene su tutta la superficie come farete subito dopo con la ricotta arricchita dal  pistacchio e ricoprite con altre melanzane, aggiungendo ancora due cucchiai di salsa. Distribuire il resto della pasta e ancora qualche cucchiaio di salsa e spolverate di pangrattato.  Infornare il timballo nel forno preriscaldato a 200° per 30 minuti.
Mio nonno lo apprezzava molto ed io lo trovo squisito.







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