Era una figura asciutta, mani grandi e callose, viso bruciato dal sole
e pesante nei movimenti, forse per la stanchezza; tornava dalla campagna
carico di ciò che la natura in quella stagione offriva.
Con gioia, lo aiutavo a portare in casa la frutta e la verdura aspettando, dopo cena, il rito delle storie. Ricordava spesso e con tristezza, il suo "re ", Vittorio Emanuele, di cui era, orgogliosamente coscritto e malediceva Mussolini che, per far passare la ferrovia nel paese, gli aveva portata via una buona parte della proprietà "per quattro soldi", ripeteva sempre.
Con emozione, parlava della sua terra, del rispetto e della cura per preservarla: ” Lu patri si nni va la roba resta” ( l’uomo muore, la terra no), così diceva.
Era un proprietario terriero ma soprattutto un uomo semplice, buono e con un temperamento genuino, vicino alla natura, senza sotterfugi e di grande generosità, un gran lavoratore che usciva all’alba, “ a li sett’orbi” diceva sempre la nonna, e andava a letto “a la cuddata di lu suli come li addini” (al tramonto del sole come le galline).
Con gioia, lo aiutavo a portare in casa la frutta e la verdura aspettando, dopo cena, il rito delle storie. Ricordava spesso e con tristezza, il suo "re ", Vittorio Emanuele, di cui era, orgogliosamente coscritto e malediceva Mussolini che, per far passare la ferrovia nel paese, gli aveva portata via una buona parte della proprietà "per quattro soldi", ripeteva sempre.
Con emozione, parlava della sua terra, del rispetto e della cura per preservarla: ” Lu patri si nni va la roba resta” ( l’uomo muore, la terra no), così diceva.
Era un proprietario terriero ma soprattutto un uomo semplice, buono e con un temperamento genuino, vicino alla natura, senza sotterfugi e di grande generosità, un gran lavoratore che usciva all’alba, “ a li sett’orbi” diceva sempre la nonna, e andava a letto “a la cuddata di lu suli come li addini” (al tramonto del sole come le galline).
Mi ha molto amato, ancora di più da quando mio padre si era trasferito nel
palermitano, sostituendolo e rassicurando me e i miei fratelli, dandoci la certezza di essere protetti, nascondendo l’indignazione
per un comportamento discutibile, a cui non sapeva dare
alcuna spiegazione.
La domenica era abitudine fare colazione insieme a me: "Milia, così mi
chiamava, trovando difficile la pronuncia del mio nome e io, correndo, salivo lo
scalone della casa, noi abitavamo al piano terra, e mi sedevo accanto al mio
nonnino che, come sempre, mi faceva trovare la sorpresa sotto il piattino e poi andavamo in chiesa, dove accendevamo i lumini per i nostri morti e
finalmente in piazza, dove incontravamo i suoi amici e dopo aver comprato i
dolci, si tornava a casa, dove come sempre la mamma gli faceva trovare il
piatto preferito: “Il timballo di anelletti, melanzane e pistacchio”.
Se volete provare, ecco la ricetta del Timballo al
pistacchio
1 kg anelletti, passata
di pomodoro,1 cipolla tagliata a fette sottili, basilico, ½ kg melanzane
lunghe, 300 g.
di ricotta salata, 2 uova sbattute, olio extravergine, 200 g di pistacchio di Bronte tritato,
pangrattato
Preparazione
Salsa: rosolare, in una casseruola con dell’olio, la cipolla,
versare la salsa, salare, lasciare cuocere fino alla cottura e aggiungere il
basilico.
Melanzane: tagliare a fette, cospargere di sale, farli
spurgare per circa quindici minuti, quindi sciacquarli e farli scolare;
friggere in padella con olio d’oliva e asciugarle su carta assorbente.
Ricotta salata mescolata con il pistacchio tritato
Scolare gli anelletti, a mezza cottura, mescolarli prima con le uova sbattute e poi con abbondante salsa
Procedimento
Spennellare con l’olio, l’interno della teglia e spolverarla con
pangrattato; sulle melanzane poggiate sul fondo, versare la metà degli
anelletti che avete già condito, con le uova sbattute e con abbondante sugo, e distribuite bene su tutta la
superficie come farete subito dopo con la ricotta arricchita dal pistacchio e ricoprite con altre
melanzane, aggiungendo ancora due cucchiai di salsa. Distribuire il resto della pasta e ancora qualche cucchiaio di salsa e
spolverate di pangrattato. Infornare il
timballo nel forno preriscaldato a 200° per 30 minuti.
Mio nonno lo apprezzava molto ed io lo trovo squisito.
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