Il vecchio Marx, il nonno paterno, apparteneva alla buona borghesia di Favignana: bello, alto e
prestante, raffinato, autorevole, estremamente riservato,
scrupoloso, fermo e risoluto. Viveva nel cuore dell’isola, dove gran parte della popolazione viveva di pesca; era istruito come lo erano i fratelli,( mio padre conservava, gelosamente, l’attestato di laurea, a procuratore, dello zio di cui portava il nome,
datato 1898), faceva parte di un ceto ristretto di intellettuali ed imprenditori, un circolo chiuso tanto da costringerli spesso a matrimoni tra
parenti, come è avvenuto tra mio nonno e mia nonna che erano cugini. Nel 1887, a soli 21 anni, il
vecchio Marx, vince il concorso per titoli come collettore dell’ufficio postale
di 3° classe di Favignana, incarico che prevedeva adeguata istruzione e una capacità
economica che permettesse di gestire autonomamente il servizio e le spese di
gestione ma anche dei privilegi, uno dei tanti, ottenere la successione diretta
del titolo, in qualsiasi momento, a vantaggio dei familiari che possedessero adeguata istruzione, naturalmente, e capacità economica, ciò che avverrà quando, allontanato dall'isola e inviato a Benevento, per non aver
accettato la tessera del fascio. La nonna, sua collaboratrice, infatti, lo sostituirà nella gestione dell'ufficio,
con grande scrupolo cercando, nello stesso tempo, di guidare la famiglia come il marito
avrebbe voluto. Durante il suo allontanamento in “alta Italia”, così i
siciliani chiamavano le città fuori dallo stretto, perde il figlio più piccolo, Domenico.
Il vecchio Marx rientrerà in Sicilia ma non nella sua piccola isola; gli
sarà offerto la direzione della ricevitoria in un paesino del palermitano in odor di mafia. Accetterà la proposta per riunire la famiglia e si fermerà in
quel luogo fino al pensionamento, all'età di ottantasei anni, lasciando un segno
profondo soprattutto fra i paesani che ne riconoscevano l’autorevolezza, ne apprezzavano la scrupolosità e la capacità di “ mitteri o so postu i malandrini”, con il suo comportamento. Continuerà a tornare a
Favignana da cui faceva arrivare il tonno per cucinare quelle ricette che gli
facevano ricordare la sua terra e le sue radici, in particolare “ Gli spaghetti alla bottarga”,
dal sapore intenso e unico, il cibo dei pescatori, che gustava, sempre, con una
punta di nostalgia, forse perché la bottarga è la storia dei pescatori di
Favignana che, per secoli, prepararono e consumarono questo cibo nelle lunghe giornate in mare aperto.
Mio nonno con emozione, poche volte l’ha dimostrata, ricordava
a noi nipoti, come un piatto povero, come gli "Spaghetti con la bottarga",
oggi diventato protagonista nell'alta cucina, esaltava la bellezza, i colori della sua
terra facendo rivivere le immagini della mattanza, dei tonnaroti che intonavano i canti
della cialoma .(1)
La ricetta che vi presenterò è quella che mia nonna
preparava al vecchio Marx, semplice ma dal sapore unico, che sicuramente
diventerà anche vostra.
Spaghetti alla
bottarga
Ingredienti: 500 g. di spaghetti, 1 spicchio d’aglio, 1
peperoncino, olio extravergine,100 g. di bottarga grattugiata, pizzico di sale
Preparazione
In una casseruola fate soffriggere, in olio extravergine,
aglio e peperoncino e contemporaneamente cuocete gli spaghetti in abbondante
acqua salata e portatela a cottura, quasi al dente. Scolate gli spaghetti,
conservando un po’ d’acqua di cottura. A questo punto versate la pasta nella
casseruola mescolate con l’intingolo di olio e peperoncino, grattugiate la
bottarga e mescolate con un po’ di acqua di cottura per amalgamare il tutto. Vi
consiglio di servirli ben caldi, accompagnati da un buon vino rosso di Sicilia.
(1) Cialoma: ( da shalom, parola araba che significa saluto) preghiera che si cantava nei vari momenti della mattanza.
La prima cialoma è quella che cantano i pescatori mentre imbarcano le
reti ed è dedicata ad una giovinetta, Lina, figlia di tonnaroto che bisogna
maritari; essa simboleggia la pesca, ancora vergine e bellissima, e la necessità
che sia ricca e fortunata. E la cialoma, che cantano, nell’attesa del 1° branco
di tonni, è una preghiera, espressa dal rais che diventa sciamano millenario,
sacerdote delle preghiere e di fatture magiche perché ognuno di loro sa che la buona
annata dipende sì dal mare e dal vento ma anche dal cielo e dall’inferno.
Così cantavano:
Così cantavano:
“Un Credo o Signuri
una Salve Regina a Maronna ri trapani,
una Salve Regina a Maronna du Suffragiu,
una Salve Regina a Maronna di Fatima e va avanti con altri santi fino a concludersi con
Un patri nostru a san Petru chi prea u Signuri pi nna
bunnanti pisca
nna Reca Materna all’armiceddi santi priaturi ri nostri
morti.”
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