martedì 3 maggio 2016

Baccala cui caliceddi?!?


Oggi, quando cucino il baccalà, lo accompagno con gli odori dell’orto e il finocchietto selvatico ma da bambina era tutta un’altra storia: Il nonno Nino prediligeva accompagnarlo con i getti dei caliceddi, cavoletti di vigna, cimette tenere di erba amara, spontanea; e tutte le volte, mia madre sapeva che avrebbe dovuto ingaggiare una disputa per farci apprezzare il piatto, spendere del tempo a decantarne la bontà che, secondo lei, era frutto del’incontro del gusto forte del baccalà e l’amarognolo dei caliceddi e il sermone era sempre lo stesso con la stessa frase ” siete prevenuti”  e si concludeva, toccando le corde affettive: ”Dareste un grande dispiacere al nonno e tu, Erminia, ancora di più, lo sai che è contento se mangi insieme a lui e condividi la sua soddisfazione. E io, regolarmente, dopo aver pestato i piedi e fattomi il pianto di rito, mi sedevo, insieme ai miei fratelli, a tavola con il mio nonnino, sapendo di farlo felice; e lui, soddisfatto ci raccontava, per l’ennesima volta, di questa verdura e delle sue proprietà. “Sono erbe che nascono, spontaneamente, dove le condizioni sono ottimali come le falde dell’Etna ma predilige, in modo particolare, i vigneti dove si trova in abbondanza e dove le donne, dopo la vendemmia, ritornano con busta e coltello, per raccogliere le foglie e le parti tenere da portare a casa e cucinarli con la salsiccia o con il baccalà.” “Ma pensate anche, diceva, alle virtù digestive e alla cura per svariate malattie: Le foglie pestate medicano ulcere e ferite e il decotto di caliceddi o cavulicelli, come vengono anche chiamati, cura bronchiti e asma, e tra me pensavo, ecco cosa beveva il nonno,  quando, quella volta, aveva la tosse e respirava male.
Con il trasferimento nel palermitano, le erbe di campo,  quelle selvatiche, che avevano avuto molta importanza nella nostra alimentazione paternese, sono state sostituite dagli ortaggi coltivati, facendoci, finalmente, capire la bontà di quelle verdure.
Da quel momento mia madre preparava o il baccalà  alla ghiotta con patate, olive, se presentato come piatto unico o con le erbe dell’orto, mandorle tostate e tritate, capperi e le gemme dei finocchietti, una miscela di odori e sapori tradizionali, i cui ingredienti sono particolarmente profumati, un altro gusto, rispetto a quello con i caliceddi, se seguiva altre pietanze e quest’ultima è sempre stata la mia ricetta.



Baccalà alle erbe aromatiche
Ingredienti
4 tranci di baccalà già ammollati, ben lavati e a cui sono state tolte le spine.
Trito di basilico, prezzemolo e finocchietto selvatico.
Mandorle tostate e tritate, olio extravergine d’oliva.
Una cipolla a rondelle, uno spicchio d’aglio schiacciato.
150 g. di pomodori pachino, tagliati in quattro pezzi.
Un cucchiaio di capperi dissalati, olive nere snocciolate.
Un bicchiere di vino bianco secco, sale e pepe.
Riso bollito,se volete farlo diventare piatto unico.






Preparazione

Rosolate in una casseruola, con un filo d’olio, la cipolla e l’aglio, quest’ultimo da eliminare quando prende colore, quindi aggiungete i tranci di baccalà, fateli dorare dai due lati per qualche minuto quindi aggiungete i capperi e sfumate con il vino bianco. Versate i pomodori tagliati in 4 pezzi, e salate leggermente, "se serve", e pepate. Fate cuocere a fuoco lento per circa 15 minuti, senza mai rimestare, per non sbriciolare il baccalà, ma scuotendo la casseruola. A cottura ultimata, servite i tranci su cui è stata distribuita granella di mandorle tritate, olive snocciolate e trito di erbe aromatiche per rendere il piatto saporito, profumato e invitante.
Se volete farlo diventare piatto unico, accompagnatelo con il riso.





Qualche notizia sulle proprietà du "caliceddu

Questa erba, amara, appartiene alla specie del cavolo selvatico, nasce spontanea e proprio perché non è frutto di una selezione umana ma solo quella naturale, nasce  dove le condizioni sono ottimali; si trova in abbondanza, nel periodo autunnale fino a primavera, sui terreni vulcanici e, per questo, è particolarmente diffusa nel territorio etneo.  Totalmente sconosciuta,  in quasi tutto il territorio nazionale. 
 

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