martedì 17 maggio 2016

Mia madre , femminilità ed emancipazione



Mia madre sosteneva di essere nata in un periodo sbagliato, epoca in cui la donna, subordinata prima alla famiglia e poi al marito, era offesa nella sua dignità. Era la piccola di nove fratelli e questa posizione, sotto certi aspetti, le permetteva di trasgredire a qualche regola. Raccontava, spesso, come già da bambina riusciva a coinvolgere i fratelli, in particolare Giuseppe, il più vecchio, ad essere sua complice e come, da adolescente, ha continuato a chiedere la sua intercessione presso i genitori, per decidere della sua vita. Con grande fatica era riuscita, dopo il periodo scolastico, ad evitare di trascorrere le giornate ricamando, cosa che sapeva fare benissimo e che faceva solo quando doveva rendere più elegante un vestito: Le sorelle sceglievano le tele e i lini per cucire e ricamare la famosa dote, lei preferiva le stoffe preziose che, confezionate con grande cura, sfoggiava, con femminilità. Si, mia madre era una donna elegante, raffinata e colta: Amava la lettura, il cinema ma soprattutto il teatro che, da quando mio padre era tornato nel palermitano, richiamato dal padre perché reintegrato al lavoro,  poteva frequentava solo in paese, accompagnata da noi figli, naturalmente, con il dissenso totale dei genitori che ritenevano scandaloso da parte di una donna sposata, uscire senza il marito.
Io ricordo quando, in teatro, mia madre ci disponeva, tatticamente, due alla sua destra e due alla sua sinistra, per evitare che qualche maleducato la potesse infastidire, convinto di averne il diritto perché il detto paesano era: ”A fimmina onesta un nesci sula; u postu ra fimmina è a casa, chi figghi e na cucina”. E lei, anche se con molte difficoltà, cercava di vivere la sua vita, insieme a noi figli, scontrandosi sempre con i nonni, per le sue scelte e i suoi comportamenti. Altro ricordo indelebile, lo scontro inevitabile con il padre, il 2 giugno 1946, giorno del referendum sulla monarchia: il paesino era in agitazione ma ancora di più nonno Nino che continuava a ripetere ai figli che si doveva votare per Vittorio Emanuele, suo coscritto e fratello. Non si era fatta intimidire e con orgoglio aveva affrontato lo scontro titanico confermando, attraverso quel voto, il rifiuto di quei valori imposti, quel modello di vita che da anni aveva messo in discussione ponendosi, con lucidità, contro una vita di subordinazione e di staticità.

Aveva sperato che quel simbolo, quel segno, una crocetta avrebbe cambiato la storia delle donne e così fu! E lei, madre e donna, si espresse in modo prorompente sempre anche scandalizzando. Sorridendo, spesso ricordava quando non avendo potuto indossare le calze di seta con la riga che gli americani avevano distribuito al loro passaggio, era uscita di casa, senza calze, dopo aver tracciato una riga sulle gambe nude, con il carbone, creando lo scompiglio in famiglia. Era una continua battaglia! Aveva capito l'importanza del lavoro che le avrebbe potuto permettere l'autonomia da mio padre e dai miei nonni che ci ospitavano e che supportandoci, pretendevano; si fermava, spesso,  a riflettere sul rapporto uomo - donna. A me e a mia sorella Agnese ripeteva sempre  "Dovete studiare e rendervi libere, questo vi permetterà di fare scelte attente e rispettose dei vostri interessi e di stabilire un rapporto paritetico con il marito a cui non dovete perdonare scorrettezze e offese gratuite". Ho capito a distanza di tempo quanto avesse sofferto il comportamento di mio padre e l’atteggiamento ostile  del vecchio Marx, di cui aveva cercato di capirne la personalità. E il tempo le aveva dato ragione, arrivata nel paesino del palermitano, lei, donna sicura di sé, tenace e perseverante, dimostrerà al suocero che l'accusa di avere irretito il figlio, era falsa, tanto da spingerlo a chiederle scusa. Nel palermitano la accompagnarono le sue radici, la sua cultura e la sua cucina che il vecchio Marx apprezzava molto e che lei, con piacere, gli faceva gustare, invitandolo spesso, ad un pranzo tutto catanese, che iniziava, sempre, con la rituale “ focaccia alle verdure”, una pizza buona, gustosa e leggera. Vi invito a prepararla perché, oltre ad essere buona e genuina, è di facile preparazione.


Focaccia alle verdure

Ingredienti
400 g. Pasta lievita ( se non avete tempo, compratela dal vostro fornaio di fiducia), 2 zucchine tagliate a bastoncini, 1 peperone tagliato a pezzetti, 2 pomodori a pezzi da aggiungere a mezza cottura, 1 cipolla a fettine, 2 cucchiai di olio extravergine, origano fresco, sale e pepe.

Preparazione
La pasta: Stendete la pasta nella teglia e allargatela con le mani, per darle la stessa forma del recipiente.
Il condimento: In una casseruola cuocete la cipolla con mezzo bicchiere di acqua, quando sarà evaporata, aggiungete zucchine, peperone, olio extravergine, olive, sale e pepe. Mescolate per qualche minuto e poi
distribuite le verdure sulla pasta, già preparata nella teglia. Cuocete la focaccia in forno, preventivamente riscaldato alla temperatura di 200°,  per 30 minuti. A metà cottura, aggiungete i pomodori e le foglie di origano. E' proprio buona!

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