Non è facile parlare o presentare il proprio padre,
soprattutto se è una figura poliedrica, camaleontica, sempre alla ricerca di se
stesso, come il mio. Ho cominciato a recuperare la sua immagine solo dopo la
sua morte, avvenuta improvvisamente, all'età di quarantanove anni. Qualche
notizia, sulla personalità, l’avevamo avuta attraverso i rimproveri che mia
madre rivolgeva a noi figli quando ci comportavamo, secondo lei, come mio
padre. “ Non è possibile, diceva, siete simili a vostro padre, fiduciosi degli
altri senza freno, disponibili a prescindere, generosi fino agli eccessi". E
vero, mio padre aveva questi e tanti altri difetti, come la solarità, la
voglia di vivere, l’espansività e l’altruismo che lo portava ad agire istintivamente. Tanti gli episodi che affiorano alla mia mente: Il vecchio lustrascarpe che, di regola passava tutte le mattine a spazzolare e
lucidare le scarpe, per qualche spicciolo, e che non si vedeva da giorni. Mio padre,
preoccupato, lo cercò e lo trovò ( c'ero anch'io) febbricitante nella baracca di lamiera, "Vai a chiamare il dottore, mi disse, e il medico del paese, sempre disponibile e
umano, arrivò di corsa e di corsa io andai in farmacia con la ricetta e di corsa
mia madre preparò il primo dei tanti brodini, insomma tutta la famiglia fu mobilitata. E grande era l'attenzione per i braccianti: Li
aspettava, ogni inizio mese, in ufficio dopo l’orario di chiusura, per permettere loro di
riscuotere l’indennità dello Stato, credo si chiamasse così, senza perdere la
giornata di lavoro, mettendo in allerta, loro malgrado, le
forze dell’ordine. Aveva un forte senso
dello Stato e della legalità, che lo porterà, spesso, a scontrarsi pubblicamente con i boss del momento, compagni di bisbocce giovanili. Li
attaccava frontalmente e in pubblico, li metteva in ridico anche dal
palco, durante i comizi per le elezioni, e li accomunava alla DC che riteneva
responsabile del degrado morale e civile della Sicilia. E un giorno la risposta arrivò “Dirittù, su scurdò, l’aspettanu pi mangiare, n campagna”! Era una domenica e come sempre, io accompagnavo mio padre in pasticceria per comprare
il solito vassoio di cannoli; dopo un attimo di esitazione, l’altro gli aveva
ricordato anche di dimostrare di essere “masculu”, lo seguì dopo avermi invitato a tornare a casa e pregandomi di comunicare a mia madre l’accaduto. Ritornato verso sera,
bagnato fradicio, ci raccontò che in campagna davanti ad una
tavola imbandita c’erano tutti e, in primis, quello che era stato il compagno
di bisbocce giovanili il quale, fattolo sedere, gli disse a bruciapelo ”Quanno
mietti a testa a postu, un tirare a cuorda, picchì a pazienza sta finienno” e “ uora voghiu sapiri ca mi porti rispettu”. Alla risposta di
mio padre, “finirò quando uomini come te saranno in galera”, lo immergeranno
tante volte, legato con una corda alla cintola, nella “gebbia”, il contenitore
dell’acqua per l’irrigazione dei campi. Sapevano che non avrebbero ottenuto
nulla e sapevano anche, che in piazza in molti avevano ascoltato e da buoni
vigliacchi, come li chiamò mio padre, lo avevano lasciato andare: Quel giorno
mio padre aveva avuto il primo infarto.
Il più grande dei difetti di mio padre? Era il sentimento
di “ Pietas” che l’accompagnava sempre, quel sentimento di solidarietà che
dovrebbe legare tutti gli uomini,
sentimento che si fortifica nelle avversità e nelle sofferenze: I morti
ammazzati, a poca distanza della nostra abitazione, le lenzuola, portate da casa, per coprire quei
corpi a cui era stata tolta la dignità, e in piena estate, corpi che ardevano al sole, attaccati da colonie di mosche che, con grande voracità, succhiavano quel
sangue, sparato sull'asfalto. Ed io ero lì, sempre accanto
al mio papà che cercava di dare umanità a quei corpi.
Io e i miei fratelli eravamo orgogliosi di avere gli stessi
suoi difetti, come li chiamava mia madre ma soprattutto di avere avuto un padre
straordinario. Era un istintivo e come
potete rilevare, leggendo il post sul” vecchio Marx, la cialoma e gli spaghetti
alla bottarga”, aveva una personalità ben distinta da quella del vecchio, un
padre che faceva valere la sua autorità in maniera pervasiva e onnicomprensiva; un padre che trasmetteva
gli ideali e i comportamenti che la vita sociale, secondo lui, esigevano.
Sapeva tutto di mio padre, ragguagliato dai molti paesani che gli facevano visita, a Palermo;
credo che l’arrivo inaspettato, un giorno, a casa nostra, fosse legato alle
preoccupazione per i comportamenti del figlio. Durante la passeggiata per le
vie del paese, riverito soprattutto dai vecchi che lo ricordavano ancora, si
rivolse al figlio e con aria solenne gli disse: Emanuele, devo farti una penosa
confessione! Probabilmente tua madre quando era incinta di te, affacciandosi
alla finestra, ha visto “un vastasunazzu”(1) e sei nato tu, concluse: Spero
che da questo momento riprenderai il tuo ruolo nella società, restituendo alla
nostra famiglia il posto che le spetta.
Ma mio padre era anche altro: Bell’uomo, affascinante,
capace di attrarre con la dialettica e con la simpatia, pieno di verve, e
attento al fascino femminile: Naturalmente il trasferimento da single, nel
palermitano, per mia madre era stata una tragedia sia perché mio padre sarebbe andato a briglie sciolte, sia perché il vecchio Marx la
riteneva colpevole di avere circuito il figlio, spingendolo al matrimonio. Per noi figli, quando
finalmente si è riunita la famiglia, è stata una grande festa e abbiamo
riconosciuto a mia madre la capacità di giudicare: E’ vero, siamo lo specchio
umano e sociale di questo padre, un uomo che credeva nei valori della dignità e
dell’uguaglianza. E da lui abbiamo imparato anche ad amare Favignana, l’isola
che gli era rimasta nel cuore e che ritrovava, tutti i giorni, nei suoi
piatti di pesce e soprattutto di tonno. Per mio padre la buona tavola aiutava a
vivere meglio con se stessi e con gli altri, per questo amava condividere i
piatti, da lui preparati, oltre con la famiglia, anche con gli amici
ai quali, con orgoglio, faceva assaggiare la bottarga, il lattume e il cuore di
tonno che faceva giungere da Favignana
dove da ragazzino, raccontava sempre, andava a pescare i ricci con i
quali la madre gli preparava il piatto preferito, "Gli spaghetti ai ricci di mare". Io li ho mangiati “ Gli spaghetti
ai ricci di mare”, preparati da mio padre, e vi assicuro che è un primo
semplice ma che esalta il gusto e il profumo del mare come pochi altri piatti
riescono a fare, una bontà per veri intenditori. Io vi propongo la ricetta,
sperando che riusciate a trovare i ricci appena pescati e che sappiate aprirli. Se aveste delle difficoltà,
ecco un affettuoso consiglio: Fate un
simpatico viaggio nelle Egadi, preferibilmente Favignana, o nelle Eolie o in Sardegna
dove gusterete un primo sontuoso.
Spaghetti ai ricci di mare
Ingredienti
400 g.
di spaghetti, 300 g.
di uova di ricci di mare freschi, 1 spicchio d’aglio schiacciato, qualche
ciuffo di prezzemolo lavato e scelte le foglie, tritarle grossolanamente, olio
extravergine, olio, sale (dopo avere assaggiato).
Preparazione
In una padella, fare dorare uno spicchio d’aglio schiacciato
che eliminerete dopo 5 minuti e spegnete il fuoco. Nel frattempo cuocete gli
spaghetti, scolate al dente e versateli subito nella padella, sotto la quale
avrete riacceso il fuoco, date un giro, aggiungete le uova di riccio e
mescolate finché si spargerà e avvolgerà tutta la pasta. Preparate il piatto,
dopo avere aggiunto il tritato di prezzemolo. E veramente buon appetito!
(1) Vastasunazzu è un derivato di vastasu: persona volgare,
non avvezza a modi signorili. La borghesia ricca si faceva trasportare per le
strade di Palermo dai “vastasi”, uomini del popolo che reggevano le portantine
dette sedie volanti.
Nessun commento:
Posta un commento