mercoledì 27 aprile 2016

Antichi sapori e il modo contadino




Quando sento certi profumi, sapori, torno indietro col tempo, alla piccola strada di Paternò, che comprendeva tutto il mio mondo e che rimane nitida, nella mia memoria, come in una fotografia: Le donne che comunicavano dai balconi, sempre attente quando noi bambine giocavamo nella via, come fossimo stati figli della piccola comunità, che si capivano dallo sguardo, che sapevano quando dovevano esserci, e io che le consideravo maghe perché arrivavano al momento giusto e, senza chiedere spiegazioni, davano il loro supporto.
E, quante volte, quando ne combinavo qualcuna, mi facevano scudo, per evitarmi gli sculaccioni; da piccola, in effetti, non ero molto tranquilla, ero vivace e, come diceva mia madre, mi comportavo da maschiaccio: E’ vero, non giocavo con le bambole, mi divertivo ad arrampicarmi sugli alberi, a scalare i muri, a tentare spedizioni nelle case diroccate dal bombardamento, e nella via ce n’erano parecchie, ma soprattutto stuzzicavano, la mia curiosità, i divieti come quello, imposto, nei locali delle provviste, nel sottoscala della casa della nonna, da dove, tutti i giorni vedevo entrare e uscire la mamma e le zie, portando o lasciando contenitori, oggetti strani e cibo .
La zona off limits era controllata a vista, sempre dalla nonna / guardiano che, un giorno, stanca di dover stare sempre all'erta, decise che era giunto il momento di farmi visitare il luogo, la mia ossessione.
Quanta emozione! Come una guida turistica, prendendomi per mano, diede inizio al  “curioso” viaggio; mi batteva  forte il cuore mentre, lentamente, scendevamo la scala, poco illuminata: Incredibile, la parete era tappezzata da meloni invernali, gialli e verdi, chiusi in una retina, appesi in forma geometrica, grappoli d’uva, da essiccare, fichi secchi, infilzati nelle canne e a trecce, farcite con le noci e,  nella parete di fronte, appesa,  la salsiccia a tocchi, posta ad asciugare, per diventare salame, il maialino non era quello allevato in campagna, specificò la nonna, per tranquillizzarmi.
E invitandomi a stare attenta ai gradini in pietra, mi fece notare che, su ognuno, era posto un cesto, con frutta acerba: “Vedi  in quel cesto, disse la nonna, ci sono le mele cotogne, simbolo di buon auspicio e fecondità, nei banchetti matrimoniale e che, per il suo particolare profumo, noi donne, ne  poniamo alcune, tra la biancheria; quando saranno mature, continuò, buona parte diventerà marmellata che, aggiunta a quelle di altri frutti”, servirà per farcire dolci e per la colazione mattutina. Attratta da una cesta, posta più in basso, con dei frutti nella paglia, chiesi cosa fossero:”Sono le sorbe, che, sotto la paglia, avvizziscono e diventano dolci, con la polpa farinosa e molli e quindi buoni da mangiare, lo dice, anche, il detto: “ Cu lu tempu e cu la pagghia maturano li sorbi”, e si racconta che, grazie ai suoi colori caldi ed intensi, siano considerati un portafortuna contro la miseria e la fame e hanno anche il potere di allontanare tutti i mali.

E poi mi indicò gli ‘nzizula, i giaggioli, acini rossi dalla polpa farinosa e dolciastra, simili ai datteri, che, insieme alle mele cotogne, all'uva bianca e alla scorza di limone, danno quella bevanda che si offre agli ospiti, disse. E ancora, gli  azzeruoli, i corbezzoli e i granati, cioè i melograni, e intanto eravamo giunti all'ultimo gradino e finalmente, ci ritrovammo in un grandissimo ambiente, dove c’era di tutto.
Incredibile! Un grande bazar: Botti, grandi giare, piene l’olio, sacchi di grano tenero e quello per panificare, pieno di sapore e odore e molto digeribile, spiegò la nonna, e tante “burnie”di vetro e contenitori di terracotta. 
La interruppi, bruscamente, per chiederle perché era stato conservato tanto cibo, in un luogo cosi nascosto:”La famiglia patriarcale, rispose la nonna, trae quanto è necessario, dall'agricoltura; la nostra è un’alimentazione semplice e spesso insufficiente perché condizionata sia dal raccolto incerto, vincolato al buono o cattivo tempo, profilando lo spettro della fame, che da quell'intenso e breve periodo in cui cessa la produzione di frutta e ortaggi. E’ necessario, quindi, conservare il raccolto e preparare le conserve alimentari, per sfruttare al meglio la grande varietà di frutta e ortaggi, offerti dalla bella stagione per consumarli, durante l’inverno. E il compito è sempre stato affidato a noi donne che, sapientemente, conserviamo i prodotti di stagione sotto sale, nell'aceto, oppure essiccati, tecniche tramandate nel tempo. 
Ti ricordi, disse la nonna, quando, l’estate scorsa, noi donne del quartiere, riunite in campagna, al calar del sole, preparammo l’estratto di pomodoro, gli ortaggi tagliati, gli odori freschi sminuzzati e, i pomodori secchi farciti,  con olive e capperi e, insieme  alle verdure, li mettemmo sotto aceto e sottolio, riempiendo i contenitori di terracotta smaltati? Vedi, sono lì, sopra quei vecchi mobili e ne abbiamo molta cura, insieme a tutte le altre provviste, non solo perché rappresentano il necessario alla sopravvivenza, ma anche perché danno il senso, anche visivamente, del pesante lavoro, durato tutto l’anno, nei campi, nell'orto, nella vigna, e il momento di silenzio e gli occhi umidi della nonna, evidenziarono il senso di religiosità del lavoro. Nell'angolo invece, ci sono sacchi di legumi e di patate che sono gli ingredienti principali per le minestre e le zuppe che noi privilegiamo, rispetto alla pastasciutta che mangiamo, qualche volta, la domenica, con qualche pezzetto di carne; e poi ancora “burnie” con la mostarda di mosto e cu l’alivi cunsati e ancora sacchi di frutta secca, noci, nocciole, mandorle che permettono di preparare dolci squisiti, nelle grandi festività ma, soprattutto, arricchiscono le nostre tavole, diventando il passatempo della famiglia, nel dopo cena. Adesso  è tempo di tornare in casa, andiamo a preparare il pasto e, visto che, per te, questo è diventato un giorno di festa, ti preparerò la carne agli odori di orto, quella che ti piace tanto.
E mentre la nonna si occupava del pasto, io mi allenavo sul muro con il gioco dei “ munzeddi di nucidi”, mucchietti di nocciole, nocciole che mi ero messa in tasca, prima di risalire; volevo diventare brava come mio fratello Gaetano che riusciva a colpire i mucchietti di nocciole, i totari, così si chiamavano, da una distanza di 10 metri, usando una nocciola più grande detta “ballu”, ma fui chiamata dalla nonna, mi avviai verso la cucina, il pranzo era pronto!.  
Quanti ricordi! Giochi semplici, fatti con piccoli oggetti come il legnetto, le nocciole, le pietre tonde e lisce e quanti sapori antichi, quei prodotti della terra di cui molti giovani non sanno e forse non ne conosceranno mai il sapore: I ‘nzizuli, le sorbe, i corbezzoli, le mele cotogne.
Io questi frutti, li ho conosciuti, li ho anche raccolti, da bimba, con il mio nonnino, ma soprattutto ne conosco il sapore, unico e straordinario! Tempo che fu, purtroppo!.

Fettine agli odori

 Il sapore è ancora oggi un mix tra l’aroma dell’origano, intenso e stimolante, quello dell’aglio, del pomodoro e il sughetto rilasciato dalla carne. Vi assicuro, è genuino, una prelibatezza!
La preparazione di questa facile ricetta vi permetterà di gustare un buon secondo o un buon primo, se utilizzerete il condimento, per condire gli spaghetti.

Ingredienti
fettine di manzo, olio extravergine, pomodoro fresco tagliato a pezzettini e schiacciato con la forchetta ( pelati sammarzano o pachino, mai salsa di pomodoro), origano e aglio di qualità, sale e pepe.

 Preparazione
In una casseruola, versate il pomodoro a pezzetti e distribuitelo, sul fondo con un filo d’olio, quindi depositate le fettine di manzo di circa 2 cm, salate e pepate. Distribuite sulle fettine ancora pomodoro a pezzetti, l’origano, l’aglio tritato e completate con un filo d’oli extravergine.
Cuocere per circa 10 minuti, quindi, ancora caldo servite a tavola.

Ricordate che il pomodoro fresco e crudo permette, con la sua naturale acidità, di rendere più morbida e gustosa la carne.

1 commento:

Gabriella ha detto...

Buonissimo!!!! Sembra anche facile. Ci proveró.

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