giovedì 23 giugno 2016

L'estate: Favignana, Mondello e...........





E’ indelebile il ricordo della prima estate palermitana: Finalmente tutta la famiglia riunita, la campagna complice dei miei giochi e la scoperta del mare. Sì, proprio così, ho scoperto il mare, quel mare che mia madre riteneva pericoloso, “in mare non ci sono taverne”(ovvero il pericolo è sempre in agguato, non sempre si può contare su aiuti immediati) diceva, per giustificare la sua decisone. E alla continua richiesta dei  miei fratelli di vivere una giornata al mare con gli amichetti , mia madre confermava le sue preoccupazioni: “Io, diceva, non so nuotare e non potrei aiutarvi se foste in pericolo”, dimenticando di dire che lei non si esponeva al sole per le efelidi, che sarebbero comparse sul suo viso sarebbero state deleterie, per la sua immagine. 
Per anni, quindi, il nostro mare è stato il ruscello che attraversava la proprietà del nonno: Partivamo al mattino presto con una buona colazione e ci recavamo in campagna dove "lui" ci aspettava, pronto ad accoglierci, contento di stare un po’ con noi, durante la giornata.
Il mare invece per mio padre era vita! E fu infatti il suo primo regalo, comunicandoci che avremmo trascorso le vacanze estive a Favignana, nella villetta di famiglia, da cui si godeva uno spettacolo naturale straordinario, ma soprattutto che ci avrebbe aiutato a prendere confidenza con l’acqua: “Il mare, diceva, è affascinante nella sua immensità e per il mistero che nasconde; il suo odore , la sabbia sotto le dita, l’aria e il vento danno sensazioni uniche che, sono sicuro, scoprirete anche voi”.

Ero talmente felice a questa notizia che ero corsa a comunicarlo a tutti i miei compagni di gioco che a loro volta mi avevano raccontato della spiaggia frequentata con le loro famiglie e dei divertimenti allo stabilimento con gli amichetti del momento.  Papà, aspettando le ferie di agosto, spesso  ci portava a Mondello e precisamente allo stabilimento “Charleston”, costruito a palafitta sul mare, dove trascorrevamo la giornata: Giocavamo, prendevamo il sole, facevamo il bagno e a pranzo si andava al ristorante, per gustare pietanze gustose e poi si tornava a casa.
Anche se contenta, pensavo che i miei amici si divertivano di più ed io volevo stare con loro; quindi senza pensarci due volte sono andata a casa di Maria per chiedere alla sua mamma se potevo aggregarmi quando fossero andati al mare e la risposta mi aveva riempito di gioia: “Se la tua mamma è d’accordo perché no”. Tanta era stata la felicità nel comunicare a mia madre la disponibilità della mamma di Maria, quanta era stata la delusione per il suo netto no, senza possibilità di ripensamento, anche se motivato: "Devi alzarti troppo presto e, vivendo una giornata intensa al mare, ti stancheresti". Convinta che la motivazione fosse volutamente costruita, chiesi notizie alla signora di mia conoscenza, la Mantillina, che confermò quanto detto da mia madre: Le donne  si alzano alle quattro per friggere “i milinciani” per preparare la pasta al forno, con il salame, il formaggio a fette sottili e le uova e poi ancora le cotolette “pi picciriddi, picchì ca sula pasta un si sazianu”, e finalmente preparata la borsa frigo grande, con le bibite e le birre per gli adulti, verso le otto partono per il mare. Ha ragione la mamma, concluse, devi alzarti troppo presto ed è stancante, se devi trascorre la giornata al mare”. Quando  chiesi a mio padre di perorare la mia causa, la risposta fu chiara e immediata: “Quando la famiglia di Maria deciderà di trascorrere solo mezza giornata al mare, potrai andare.” Quanta felicità quel giorno!

Insieme a Maria e i suoi fratelli e i loro genitori andammo allo stabilimento di romagnolo, i bagni Virzì, molto diversi dal Charleston di Mondello: Le cabine, al cui interno avevano il sedile in muratura e un lavabo, si affacciavano su una balconata da dove, scendendo una scaletta, si arrivava al mare che era un misto di scogli e ciottoli. La mamma di Maria, in prendisole e non faceva il bagno, mi aveva aiutato ad indossare il costumino, mentre Maria e i suoi fratelli andavano in acqua in mutandine. Il loro papà aveva indossato un costume noleggiato sul posto  e ricordo come se fosse ora, sono passati più di sessant’anni, che il costume, di lana spessa e di misura più grande, uscendo dall’acqua si allungava, penzolando e il pover'uomo, con il petto nudo che mostrava il segno della canottiera, lasciato dai raggi del sole, sembrava un clown. Il tempo trascorreva velocemente ma eravamo felici, ammirando e godendo di quel mare con il suo colore azzurro e le acque cristalline: Quante rincorse, spruzzi  d’acqua e giochi in spiaggia con la sabbia e nascondino tra le cabine. Il nostro pranzo era stato il pane e frittata e pane e melanzane con una buona fetta di anguria che il papà di Maria aveva comprato, durante il tragitto per il mare;

mi aveva incuriosito il modo con cui il papà di Maria aveva scelto “u miluni”, la signora mi spiegò che “u miluni” deve essere scelto con cura e per questo il marito “tuppuliava”  - batteva con il pugno - sull'anguria e vi accostava l’orecchio per auscultare mentre noi lo guardavamo in religioso silenzio, per non disturbarlo.

Quando ho gustato quella fetta di miluni di un rosso vivo, dolce e gustosa, come si dice in Sicilia, “mi sono scialata”e, anche se sbrodolandomi avevo sporcato il vestito, ho chiuso in bellezza la mia esperienza.

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