Ma io ricordo, bene,
come la vivevo, prima a Paternò e poi nel Palermitano, la vigilia della festa
dei morti, cu “U scantu e a curiusità”! ( con lo spavento e la curiosità).
E l’ambivalenza dei
siciliani con il mondo dei morti! Da un lato le anime dei trapassati vengono
scacciate attraverso riti e preghiere, dall’altro invece proprio le anime dei
defunti vengono invocate, per chiedere protezione e aiuto; ed era ciò che
capitava a me perché ero contenta di ricevere i regali, con l’emozione di chi sperava di trovare ciò
che aveva scritto nella sua letterina, ma anche spaventata se, svegliandomi di
notte, mi fossi trovato accanto al letto, la nonna o altri parenti defunti.. E
queste paure aumentavano quando, per farmi andare a letto, la mamma e gli zii,
mi raccontavano sui defunti che si svegliavano, si rifornivano di dolci,
giocattoli, regali, sottratti ai negozianti per portarli in regalo ai piccoli
della famiglia, ma solo, se lo avessero meritato”, aggiungendo che i morti
capivano se un bambino dormiva veramente o faceva finta, “ T’arattunu i peri e
si si svigghiu ti mettunu a cira ‘nta l’occhi” ( ti grattano i piedi e, sei
sveglia, ti mettono la cera negli occhi), ripetevano e la mia reazione era sempre la stessa, nascondere
la grattugia e sperare.
E quanto era bello
il mattino dopo! Dopo essermi svegliata, con il cuore che mi batteva forte,
forte, mi alzavo alla ricerca frenetica dei regali, nascosti negli angoli più
impensati della casa, dopo aver recitato la supplica: “Armi santi, armi santi/
iu sugnu unu e vuatri / siti tanti:/ Mentri sugnu ntra stu munnu di guai/ così
di morti mettiti minni assai”. E poi trovavo”u canistru”, il cesto colmo di
frutta fresca, l’ossa ri morti (*) e
“a pupa di zucchero”, dolce antropomorfa di chiara origine romana, e qualche
volta le scarpe nuove che, oltre ad essere utili, erano anche un augurio per il
nuovo anno. E, finalmente, noi bambini ci ritrovavamo per strada con i nostri
giochi e dolcetti e, cantando la canzoncina della ricorrenza, entravamo nelle
case dei vicini che ci regalavano il dolcetto, l’ossa di morto e altri piccoli
regalini. Quanto ci divertivamo!
Ecco la tiritera:
Ecco la tiritera:
Talè chi mi misiru i
morti, (Guarda cosa mi hanno
portato i morti)
‘u pupu cu l’anchi
torti, (statuetta composta di un impasto di
zucchero, con le gambe storte)
‘a atta ch’abballava, (la gatta che ballava)
‘u surci chi sunava. (il topo che suonava)
Passa la zita cu ‘a
vesta di sita, ( passa la fidanzata con la veste di seta)
Passa ‘u Baruni cu i cavusi a pinnuluni ( passa il barone con
i pantaloni a penzoloni)
E’ evidente che vivevamo
la ricorrenza dei morti con gioia e serenità, come la vivevano gli adulti,
felici che i nostri defunti tornavano a trovarci e sarebbero tornati l’anno
dopo. E si faceva gran festa: Le scuole erano chiuse per due giorni, si
trovavano bancarelle ovunque, stracolme di giocattoli e grandi luminarie.
E in Sicilia non c’è
festa che non venga contrassegnata da un cibo dedicato alla ricorrenza! La
colazione del giorno dei morti é “la muffoletta”, (pagnotta morbida più grande
di quella utilizzata per il pane e panelle) calda, condita con olio di oliva,
acciughe e caciocavallo a scaglie; ed era anche la colazione del nonno che, poi,
accompagnava noi tutti al cimitero, per salutare i nostri morti. Si saliva
nella collina storica, dove il panorama la faceva da padrona e si lasciava un
fiore sulle tombe dei parenti, dopo avere recitato una preghiera e, a pranzo,
mia madre preparava pietanze che la nonna defunta gustava con piacere e mentre si
mangiava si pronunciava la frase di rito:”Saziate l’armuzza santa di me matri o
di me nanna o di me mogghieri, a seconda del rapporto di parentela.
Oggi è solo un dolce
ricordo! Con Halloween, la festa, per i bimbi siciliani, è un fatto puramente commerciale, fatto di
moda e spavento, e, purtroppo, tutta un'altra cosa!.
(*) Ossa dei morti:Macabri dolcetti a forma di tibia o femore o falange di
pasta bianca che si sfarina sotto i denti, proprio come ossa vere su uno strato
di pasta marrone dura, difficile da addentare, che rappresentava la bara.
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