giovedì 15 settembre 2016

L' agrodolce e la sua storia



La salsa agrodolce, nata in Cina dove accompagnava i cibi già cotti, è introdotta, dagli Arabi, nelle cucine europee, insieme all’uso di uva, pinolo e mandorle, dove viene usata come ingrediente, durante la preparazione e la cottura di un piatto: Elementi principali sono sempre l’aceto e lo zucchero ai quali poi possono essere aggiunti altre spezie o ingredienti, tutti secondo la soggettiva preferenza.
Questa salsa, quindi, ha un sapore antico che narra non solo la storia e la gastronomia ma anche la scienza dietetica: La logica del temperamento degli opposti e i metodi di conservazione perché sia lo zucchero che l'aceto preservano i cibi, permettendo di gustare la pietanza nella sua pienezza.

Prima dell’arrivo degli arabi e del loro zucchero di canna, l’agrodolce si dolcificava con il miele e con l’aceto;
il “ nuovo miscuglio", invece, creando un contrasto più netto tra i sapori, come sostenevano anche i medici latini," i contrasti si sanano con i contrari", permette di preservare i cibi dal deterioramento, prolungandone il tempo di consumo.
E proprio in Sicilia la salsa agrodolce trova il luogo ideale per diventare una tecnica di grande vigore, ammorbidito dalla sostituzione dell’aceto con gli agrumi e del miele con lo zucchero e da qui si diffonde anche in altre regioni del Mediterraneo: L’abilità del cuoco del tempo é quella di mescolare ingredienti e tecniche di cotture per ottenere un piatto bilanciato nel gusto, negli ingredienti e nella consistenza. ( Un piatto in agrodolce, va consumato almeno dopo un giorno di riposo e assestamento ma più passano i giorno, più è buono).
Accanto alla nuova cucina sorge anche una letteratura gastronomica. La Sicilia  dà i natali ad importanti personalità del mondo culinario: I cuochi Labdaco di Siracusa e Meteco Siculo, quest'ultimo, autore del primo libro di cucina della storia, Archistrato di Gela ( o di Siracusa ?), considerato il padre dei critici dell’arte culinaria che scrisse il noto poema “Gastronomia”,  nel quale elenca cibi e vivande, incontrate durante i suoi lunghi viaggi ma concludendo che solo in Sicilia ha trovato il buon gusto”.






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