Era molto gentile e affettuosa,
quando poteva, prima di andare a scuola, passava da casa a prendere un caffè e
intanto raccontava della famiglia Lombardo, “per metterti in guardia”, diceva a
mia madre che, proprio quella mattina, le comunicò che il vecchio Marx, ospite
della zia Olga, da quando era rimasto solo, ci aveva invitati, la domenica
successiva, a pranzo, “ per darci il benvenuto e farci conoscere il resto della
famiglia”. Ricordo ancora lo sguardo della zia Mariuccia, il
suo sorriso ironico, e la reazione di mia madre che, preoccupata, chiedeva
spiegazioni: “Mi hai fatto tornare indietro con il tempo, rispose la zia, a
quando ebbi lo stesso invito e con le stesse modalità, non voglio parlarti della
mia esperienza, ti dico solo che il suocero ama molto divertirsi, giocare a mettere
in difficoltà, quindi ti consiglio di stare molto attenta”.
E, per giorni, mia madre fu in trepidazione, e ce ne accorgemmo tutti soprattutto mio padre che, dopo aver saputo, cercò di tranquillizzarla, spiegando che la zia Mariuccia era esagerata, se non, addirittura, prevenuta nei confronti di suo padre; nei giorni, che precedettero la fatidica domenica, mia madre ci parlò del nonno con il quale dovevamo fare bella figura, ci consigliò di essere attenti e, se in difficoltà, di seguirla con lo sguardo. Le parole della zia Mariuccia,”il suocero si diverte a mettere in difficoltà”, ci disse, mi fanno tornare indietro col tempo, facendo riemergere lontani e drammatici ricordi: Quel telegramma di auguri, arrivato il giorno del matrimonio,” sarete domani ciò che siete oggi”, inviato dal vecchio Marx che non aveva accettato quell'unione, avvenuta in tutta fretta e senza il suo consenso, accompagnato dal “licenziamento immediato” del figlio che, senza lavoro, per qualche anno, si occuperà della contabilità delle entrate, come la vendita dei tarocchi, e degli interessi dei nonni. E, dulcis in fundo, l’ultima vendetta quando, alcuni anni dopo, richiamò il figlio, a Palermo, riassumendolo, ma con la clausola “naturalmente devi arrivare, da solo”.
E, per giorni, mia madre fu in trepidazione, e ce ne accorgemmo tutti soprattutto mio padre che, dopo aver saputo, cercò di tranquillizzarla, spiegando che la zia Mariuccia era esagerata, se non, addirittura, prevenuta nei confronti di suo padre; nei giorni, che precedettero la fatidica domenica, mia madre ci parlò del nonno con il quale dovevamo fare bella figura, ci consigliò di essere attenti e, se in difficoltà, di seguirla con lo sguardo. Le parole della zia Mariuccia,”il suocero si diverte a mettere in difficoltà”, ci disse, mi fanno tornare indietro col tempo, facendo riemergere lontani e drammatici ricordi: Quel telegramma di auguri, arrivato il giorno del matrimonio,” sarete domani ciò che siete oggi”, inviato dal vecchio Marx che non aveva accettato quell'unione, avvenuta in tutta fretta e senza il suo consenso, accompagnato dal “licenziamento immediato” del figlio che, senza lavoro, per qualche anno, si occuperà della contabilità delle entrate, come la vendita dei tarocchi, e degli interessi dei nonni. E, dulcis in fundo, l’ultima vendetta quando, alcuni anni dopo, richiamò il figlio, a Palermo, riassumendolo, ma con la clausola “naturalmente devi arrivare, da solo”.
E mio padre tornò a Palermo da solo, ospite dei
genitori e riprese il suo lavoro, per dare certezza economica alla
famiglia; e furono tanti gli anni di lontananza, fino alla morte della nonna e,
quasi contemporaneamente, al pensionamento del vecchio Marx che, finalmente,
gli comunicava ”ora puoi riunire la famiglia”.
Era chiaro che mia madre, e
lo avevamo capito bene, non avrebbe più permesso prevaricazioni o atteggiamenti
provocatori, da nessuno e soprattutto dall'uomo dalla barba bianca.
E il giorno, dell’incontro
arrivò e noi ragazzi eravamo certi di assistere ad uno scontro titanico tra due
personalità e l’abbigliamento di mia madre, tailleur maschile con cappello a cloche , faceva presagire
reazioni forti. Noi, tutti molto eleganti, la mamma raffinata, nel suo completo
alla moda, io e mia sorella in completino bianco e i miei fratelli in giacca e
pantaloncino, i ragazzi, allora, non portavano pantaloni lunghi, e papà bello e
affascinante, in abito blu, arriviamo a casa della zia Olga, accolti dal
vecchio Marx che, prendendo per mano mia madre, si diresse, seguita da noi
tutti, in salotto, dove trovammo gli zii Pepè e Mariuccia. Il momento di
silenzio fu interrotto da mia sorella Agnese che, con la dialettica che l’aveva
sempre contraddistinta, si rivolse al vecchio Marx, dicendo:”Nonno voglio dirti,
anche a nome dei miei fratelli, che ti voglio bene; quante volte ho fantasticato
su di te, guardando l’unica fotografia in bianco e nero, in cui mostri,
attraverso la postura, gli occhi fieri e la folta barba bianca, un immagine
sicura e forte e quante volte mi sono chiesta se anche tu mi avessi pensata e
immaginata, tante volte, ho sentito la tua assenza, la mancanza di un bacio sulla guancia, i vizi, che i
nonni materni, invece, mi hanno regalato a piene mani, il non essere difesa da
papà e mamma, quando facevo i capricci; ma sappi che io e i miei fratelli ti
vogliamo bene lo stesso, nella maniera che abbiamo imparato da soli.
Il vecchio Marx, dopo un
momento di esitazione, la baciò sulla fronte e l’abbracciò forte, facendo lo
stesso anche con noi e poi, rivolgendosi a mia madre disse: Hai fatto un buon
lavoro, sei stata madre e padre insieme, hai dimostrato coraggio e dignità, non
potevi fare di meglio e ti ringrazio e, prendendola sotto braccio, si avviò verso
la sala da pranzo, seguito da tutti noi .
Mia madre aveva vinto, finalmente aveva dato scacco matto, al pater familias!
Mia madre aveva vinto, finalmente aveva dato scacco matto, al pater familias!
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