giovedì 15 settembre 2016

Il vecchio Marx e la guerriera!

Avevamo conosciuto lo zio Pepè, in stazione, all’arrivo a Palermo e la zia Mariuccia nel paesino dove ci eravamo trasferiti e dove lei insegnava, da tanti anni. 
Era molto gentile e affettuosa, quando poteva, prima di andare a scuola, passava da casa a prendere un caffè e intanto raccontava della famiglia Lombardo, “per metterti in guardia”, diceva a mia madre che, proprio quella mattina, le comunicò che il vecchio Marx, ospite della zia Olga, da quando era rimasto solo, ci aveva invitati, la domenica successiva, a pranzo, “ per darci il benvenuto e farci conoscere il resto della famiglia”. Ricordo ancora lo sguardo della zia Mariuccia, il suo sorriso ironico, e la reazione di mia madre che, preoccupata, chiedeva spiegazioni: “Mi hai fatto tornare indietro con il tempo, rispose la zia, a quando ebbi lo stesso invito e con le stesse modalità, non voglio parlarti della mia esperienza, ti dico solo che il suocero ama molto divertirsi, giocare a mettere in difficoltà, quindi ti consiglio di stare molto attenta”.
E, per giorni, mia madre fu in trepidazione, e ce ne accorgemmo tutti soprattutto mio padre che, dopo aver saputo, cercò di tranquillizzarla, spiegando che la zia Mariuccia era esagerata, se non, addirittura, prevenuta nei confronti di suo padre; nei giorni, che precedettero la fatidica domenica, mia madre ci parlò del nonno con il quale dovevamo fare bella figura, ci consigliò di essere attenti e, se in difficoltà, di seguirla con lo sguardo. Le parole della zia Mariuccia,”il suocero si diverte a mettere in difficoltà”, ci disse, mi fanno tornare indietro col tempo, facendo riemergere lontani e drammatici  ricordi: Quel telegramma di auguri, arrivato il giorno del matrimonio,” sarete domani ciò che siete oggi”, inviato dal vecchio Marx che non aveva accettato quell'unione, avvenuta in tutta fretta e senza il suo consenso, accompagnato dal “licenziamento immediato” del figlio che, senza lavoro, per qualche anno, si occuperà della contabilità delle entrate, come la vendita dei tarocchi, e degli interessi dei nonni. E, dulcis in fundo, l’ultima vendetta quando, alcuni anni dopo, richiamò il figlio, a Palermo,  riassumendolo,  ma con la clausola “naturalmente devi arrivare, da solo”.
E mio padre tornò a Palermo da solo, ospite dei genitori e riprese il suo lavoro, per dare certezza economica alla famiglia; e furono tanti gli anni di lontananza, fino alla morte della nonna e, quasi contemporaneamente, al pensionamento del vecchio Marx che, finalmente, gli comunicava ”ora puoi riunire la famiglia”.
Era chiaro che mia madre, e lo avevamo capito bene, non avrebbe più permesso prevaricazioni o atteggiamenti provocatori, da nessuno e soprattutto dall'uomo dalla barba bianca. 
E il giorno, dell’incontro arrivò e noi ragazzi eravamo certi di assistere ad uno scontro titanico tra due personalità e l’abbigliamento di mia madre, tailleur maschile con cappello a cloche, faceva presagire reazioni forti. Noi, tutti molto eleganti, la mamma raffinata, nel suo completo alla moda, io e mia sorella in completino bianco e i miei fratelli in giacca e pantaloncino, i ragazzi, allora, non portavano pantaloni lunghi, e papà bello e affascinante, in abito blu, arriviamo a casa della zia Olga, accolti dal vecchio Marx che, prendendo per mano mia madre, si diresse, seguita da noi tutti, in salotto, dove trovammo gli zii Pepè e Mariuccia. Il momento di silenzio fu interrotto da mia sorella Agnese che, con la dialettica che l’aveva sempre contraddistinta, si rivolse al vecchio Marx, dicendo:”Nonno voglio dirti, anche a nome dei miei fratelli, che ti voglio bene; quante volte ho fantasticato su di te, guardando l’unica fotografia in bianco e nero, in cui mostri, attraverso la postura, gli occhi fieri e la folta barba bianca, un immagine sicura e forte e quante volte mi sono chiesta se anche tu mi avessi pensata e immaginata, tante volte, ho sentito la tua assenza, la mancanza di un bacio sulla guancia, i vizi, che i nonni materni, invece, mi hanno regalato a piene mani, il non essere difesa da papà e mamma, quando facevo i capricci; ma sappi che io e i miei fratelli ti vogliamo bene lo stesso, nella maniera che abbiamo imparato da soli.
Il vecchio Marx, dopo un momento di esitazione, la baciò sulla fronte e l’abbracciò forte, facendo lo stesso anche con noi e poi, rivolgendosi a mia madre disse: Hai fatto un buon lavoro, sei stata madre e padre insieme, hai dimostrato coraggio e dignità, non potevi fare di meglio e ti ringrazio e, prendendola sotto braccio, si avviò verso la sala da pranzo, seguito da tutti noi .
Mia madre aveva vinto, finalmente aveva dato scacco matto, al pater familias!       



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