mercoledì 10 febbraio 2016

E arrivò "A pasta chi sardi"

La pasta con le sarde alla palermitana, alla catanese, con le sarde a mare, a milanisi; con lo zafferano, con il pomodoro, con o senza sarde. 
La ricetta, molto antica, tramandata da generazioni, ha molte variazioni, alcune particolarmente gustose, realizzate aggiungendo o eliminando alcuni ingredienti, a seconda dei gusti o delle ricette locali.

A casa dei nonni catanesi, non si era mai mangiato pesce, tanto meno la pasta con le sarde; fu mio padre a portare lo scompiglio perché voleva che i figli non solo mangiassero il pesce ma amassero il mare che, per lui era vita, sperando di coinvolgere, in seguito, anche mia madre.
In paese c'era solo una pescheria, con poca scelta , tendenzialmente, pesce povero e mio padre, regolarmente, lo ordinava.  I suoi primi piatti furono le fritture di calamari e gamberi, che saranno, da quel momento, i nostri preferiti, e il trancio di pesce spada ai ferri, irrorato da una salsina di olio, succo di limone e menta, aromi familiari in casa che sarebbero bastati, ripeteva mio padre, a stuzzicare il palato di tutta la famiglia. 
E arrivò il giorno della pasta con le sarde e mio padre, cogliendo la riottosità di mia madre, le spiegò che avrebbe seguito la ricetta catanese, sostituendo le sarde, che cotte rilasciavano un sapore forte e con odore di selvatico, con le alici, il cui sapore amabile e leggero avrebbe attutito, "purtroppo", diceva tra sé, l'odore del mare. E la ricetta palermitana! L' apprezzava molto perché, come diceva sempre, miscelava sapientemente tutti sapori: Un connubio idilliaco tra il finocchietto selvatico, dall'aroma e dal sapore dolce, le sarde, il sapore forte dell'acciuga salata, la dolcezza dei pinoli, l'acidulo dell'uva di Corinto e il gusto avvolgente dello zafferano. Mangiammo con gusto la pasta con le sarde "personalizzata", come la chiamava mio padre e quanto era buona e lo è ancora oggi, tutte le volte che la preparo!

Ed eccovi l'originale
Pasta con le sarde alla catanese
Ingredienti per 4 persone
400 g. di sarde ( mia madre continuava a preferire le alici, la carne della sarda  grassa, appena cotta, rilascia il suo grasso e un odore pungente, di selvatico);
200 g. di finocchietto selvatico; pomodoro, uva nera di Corinto, ammollata nell'acqua tiepida, pinoli, 1 cipolla, filetti  di  acciughe, muddica atturrata( pangrattato tostato), olio, sale e pepe.

Come pulire le sarde: squamate, togliete la testa e le interiora, la pinna dorsale, aprite a libro per togliere la lisca e la coda e dopo averle lavate sotto l’acqua corrente, asciugate con la carta da cucina;
friggetele per qualche minuto in olio bollente e mettele da parte.
Finocchietto di montagna: pulire bene dopo aver tolto i gambi più duri e cuocere, quindi scolare, tritare la verdura con il coltello o la mezzaluna (conservate l’acqua di cottura per cuocere gli spaghetti).  
Muddica atturrata (pangrattato tostato): mettere in padella del pangrattato con due acciughe salate e un filo d’olio; fate tostare la mollica, girandola continuamente, perché non si bruci, con la forchetta e con la stessa, sciogliete le acciughe. Quando la mollica ha preso colore spegnere.
Il sugo: In un pentolino capiente versare ½ bicchiere di olio vergine d’oliva, farvi appassire della cipolla tritata e aggiungere il pomodoro, sale e un cucchiaio d'acqua dei finocchietti e cuocere.

Preparazione
In una padella abbastanza larga,  con qualche cucchiaio d'olio, far prendere sapore al finocchietto, aggiungere le sarde fritte spezzettate e far cuocere per qualche minuto e quindi aggiungere la salsa, l'uva di Corinto e i pinoli strizzata e far amalgamare bene.

Intanto cuocete gli spaghetti, nell’acqua dei finocchietti, scolarli un minuto prima della cottura desiderata, e versarli nella padella a mantecare; servire a tavola, fornendo ai commensali una ciotolina colma di pangrattato tostato, chiamato dai nostri vecchi " il cacio dei poveri, da distribuire a piacimento sul piatto.


                                    



La storia
La paternità di questo piatto è attribuita al cuoco del generale arabo Eufemio che, sbarcato nella Sicilia conquistata, si trovò a sfamare le sue truppe utilizzando gli ingredienti a disposizione: pasta e sarde e con intuito, raccolse i famosi finocchietti selvatici che crescevano nelle vicinanze e li utilizzò per arricchire il piatto con il loro sapore e profumo, che eliminava l'odore sgradevole del pesce.
La fantasia gli suggerì anche l'aggiunta dello zafferano, dei pinoli e dell'uva nera di Corinto; questi elementi evidenziano la contaminazione della cucina siciliana con quella araba che ha portato, nelle nostre tavole, anche le spezie.
In origine, era un piatto stagionale e si poteva preparare solo da marzo a settembre, periodo in cui si trovavano al mercato le sarde fresche ed era possibile raccogliere, nei campi, il finocchietto selvatico di cui si utilizzano le parti più tenere e verdi, i germogli, i rametti più giovani e le tipiche foglie piumose( o barba); adesso il piatto viene cucinato tutto l'anno.
Esistono diverse varianti regionali di questo piatto: Nella zona palermitana è in bianco, senza aggiunta di pomodoro; quella,diffusa nell’agrigentino, prevede il concentrato di pomodoro.
Varianti anche per il tipo di pasta: spaghetti, bucatini o maccheroni. E alcune versioni prevedono anche il passaggio in forno, per terminare la cottura.




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