martedì 6 dicembre 2016

La Pasqua della mia infanzia: U ciciliu, la gioia dei bambini


Chiamatelo cuddura ccù l’ovu.  campanaru o cannatuni, pupu ccù l’ovu, cannileri, panareddu, palummedda o ciciliu, ma è sempre lo stesso dolce pasquale siciliano, amato dai bambini.

 Nel palermitano, la Pasqua era tutta un’altra cosa: Era finita la piccola comunità, dissipata negli appartamenti condominiali sparsi nella città, ormai era una festa cittadina.
 E io ritornavo, col pensiero, al mio paesino, al mondo semplice, alla festosa partecipazione delle famiglie, ai riti ma soprattutto al dolce che rappresentava la gioia della pasqua.
 La nonna me lo ripeteva spesso: “Il ciciliu rappresenta il tipico dono che ci si scambia, nel periodo pasquale, molto economico ma nutriente, di sapore genuino e di particolare profumo ma è anche molto colorato, grazie all’uso dei “cimini”, le codette. La preparazione, di questo dolce pasquale, si tramanda da generazioni in generazioni e costituisce un vero e proprio rito della comunità; tra il giovedì e il venerdì santo, ci si ritrova, nella cucina e tutti attorno al grande tavolo con le donne di casa e le vicine, con compiti diversi: La persona più esperta,  di regola la persona più anziana e con più esperienza, si occupa delle figure più elaborate, aiutata dalle altre donne, alcune preparando gli arredi del ciciliu e altre come spicciola manovalanza, si limitano a spennellare la pasta con l’uovo battuto”.
Ricordo bene! Era arrivato il giovedì santo, la nonna, che sapeva che avrei fatto di tutto per esserci, mi spiegò che dovevo stare lontana dalla cucina fino a quando non sarei stata chiamata: Ma perché nonna, io non disturbo, non impiccio? Lo so che vuoi aiutarmi, ma dopo che abbiamo infornato il pane, rispose: Nella “maidda” c'è la pasta lievita,  “no furnu” stanno bruciando i zucchiceddi, legna grossa, per poi infornare il pane per la settimana, quindi è meglio che tu aspetti fuori. Quando avremo riposto il pane e coperto la tavola con una tovaglia, dove lavorare la pasta per i dolci pasquali,  tu siederai accanto a me e mi aiuterai ad abbellire la pasta del ciciliu, per renderla regale, mentre la zia Nunzia comincia ad infornare.
E così era stato: Seduta vicino alla nonna, osservavo con curiosità la maestria nell'uso delle mani, la rapidità dei movimenti per creare frutta, fiori e ornamenti vari; e  il mio compito era mettere i piccioli alle mele e alle pere, modellate dalla mia mamma, legnetti ricavati dai rametti di ulivo, con l'occhiello delle chiavi fare la bordura e poi, con il ditale, fare i cerchietti sulla pasta biscottata, artisticamente intrecciata in varie forme, conigli, cesti, corone, con incastonate uno o più uova, secondo la destinazione e dove le donne poi avrebbero collocato i fiorellini, le colombine, i tralci, roselline  e piccole calle. E anche gli strumenti usati, erano i più svariati, oggetti familiari, vissuti nella vita di tutti i giorni: Ditali,  per decorazioni a puntini, coltellini, calchi di latta o di zinco o di rame o formelle di gesso e il rocchetto del filo per cucire, gli stampini in legno, tappi, l’estremità di una chiave, usata come punzone, e per ritagliare la sfoglia di pasta si usava lo “sperone”, un oggetto in metallo (di regola di rame). 
Ero affascinata, in particolare, dagli orpelli e i ricami barocchi, e dagli ornamenti con i quali la nonna arricchiva, con un lavoro laborioso, i dolci, facendoli diventare, opere d’arte; e grande fu la mia sorpresa quando, sfornati i cicilii, mi disse: “Scegli quello che ti piace di più, è il mio regalo di Pasqua”. Ero davanti a pecorelle, conigli, cestini, corone, con un uovo sodo incastonato ma anche campane, pupe, galletti e ciambelle con due o più uova: Ero indecisa, cosa scegliere, mi anticipò la mamma che mi invitò a prendere la colomba, spiegandomi che oltre ad simbolo della pace, rappresentava la festa, e, poi, ha due uova incastonate, concluse. Si, era quello giusto, l’avrei mangiato con  nonno Nino, pensai e di corsa e felice, salii al piano di sopra dove il mio nonnino, come faceva sempre, mi aspettava per cenare. Che serata e che bambina fortunata!















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